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MOBILITÀ E FLESSIBILITÀ

Si sente spesso parlare di allenamento della “mobilità” o “flessibilità” per essere più fluidi ed elastici, a grandi linee il ragionamento è corretto, se non fosse che il concetto di mobilità e di flessibilità sono due cose ben diverse. Partiamo dalla loro origine semantica:

flessìbile agg. e s. m. [dal lat. flexibĭlis, der. di flectĕre «piegare», part. pass. flexus]. – Che può flettersi, che si piega facilmente: un ramouna canna.

mòbile agg. [dal lat. mobĭlis, der. di movēre «muovere»] – Che si muove, che è soggetto a movimento: l’occhio e la lingua sono organi mobili.

Per definizione, quindi, ciò che è flessibile è in grado di flettersi e piegarsi facilmente (senza rompersi) mentre ciò che è mobile si muove. Da ciò emerge la differenza che c’è tra l’allenamento della “flessibilità” e l’allenamento della “mobilità”: allenare la flessibilità significa allenare una persona a piegarsi senza rompersi mentre invece allenare la mobilità significa allenare una persona a muoversi. Ogni movimento del corpo umano può essere descritto come attivo o passivo. I movimenti attivi sono causati da uno stimolo muscolare, i movimenti passivi sono invece causati da altre forza esterne quali ad esempio la gravità, la spinta di un altra persona, un blocco meccanico, e così via. Il nostro compito, in quanto allenatori, è quello di allenare il sia il movimento sia attivo che passivo. Il principio di adattamento specifico ci insegna che il corpo si adatta agli stimoli che noi gli diamo, quindi per allenare il movimento passivo bisogna eseguire movimenti passivi mentre per allenare il movimento attivo bisogna eseguire moventi attivi. In parole povere:

FARE STRETCHING PASSIVO  SE SI VUOLE ALLENARE LA FLESSIBILITÀ

Esercizio per aumentare la flessibilità dell’anca in rotazione esterna

MUOVERSI ATTIVAMENTE SE SI VUOLE ALLENARE LA MOBILITÀ

Esercizio per aumentare la mobilità dell’anca in rotazione esterna

Nonostante questo concetto possa sembrare chiaro e lineare c’è ancora una diffusissima convinzione del fatto che per essere più mobili sia necessario fare più stretching, no! Se si fa più stretching si aumenta semplicemente la capacità di sopportare uno stimolo passivo esterno, il che non soddisfa assolutamente la necessità di essere più “fluidi”, “elastici” o per meglio dire mobili. Il movimento, per come viene inteso nel mondo dello sport e del fitness, è per la stragrande maggioranza dei casi attivo. Dare uno stimolo passivo non basta. Diversi studi hanno dimostrato come lo stretching passivo non dia molti risultati sulla viscoelasticità del muscolo, tantomeno lo allunghi (l’inserzione e l’origine del muscolo non cambiano!) ma semplicemente aumenta la tolleranza all’allungamento da parte del sistema nervoso centrale. Il fatto che il sistema nervoso sia in grado di sopportare un allungamento passivo non significa che sia anche in grado di creare una contrazione muscolare tale da portare attivamente un segmento corporeo in quel range di movimento. Attenzione però, tutti i movimenti attivi hanno una base passiva. Se passivamente non si è in grado di raggiungere un determinato ROM (range of motion) è impossibile che lo si possa raggiungere attivamente. La flessibilità è un prerequisito per la mobilità. Il seguente diagramma di flusso può chiarire le idee:

E necessario avere una flessibilità sufficiente per poter ottenere una mobilità altrettanto sufficiente

Nel momento in cui la flessibilità e la mobilità sono entrambe sufficienti, si parla di mobilità funzionale: flessibilità+forza+controllo neurologico. È fondamentale comprendere che prima di sottoporre un’articolazione ad un carico è necessario assicurarsi che questa abbia una sufficiente mobilità funzionale. Prima bisogna essere in grado di gestire il carico interno poi si può inserire un carico esterno (velocità, sovraccarico, ecc). Come dice Andreo Spina: “Human before athlete”.

Nel video seguente viene mostrata una sequenza basilare di esercizi volta ad allenare la flessione d’anca. Ogni attività fisica che includa la corsa porta con sé questo movimento, avere una flessione d’anca ottimale è un importante prerequisito sia per la performance sia per prevenire infortuni.

Sequenza di esercizi per allenare la flessione d’anca
  • 1° esercizio= stimolo passivo di allungamento della catena posteriore attraverso l’utilizzo di una banda elastica. La tensione esercitata dalla banda permette un allungamento di tutta la catena posteriore bassa (Fascia plantare, Gastrocnemio/Tendine d’Achille, Ischiocrurali).
  • 2° esercizio= stimolo attivo dei muscoli flessori dell’anca attraverso una contrazione isometrica. Abbracciando il ginocchio al petto si porta passivamente l’anca in massima flessione (posizione chiamata “end range of motion”), rimuovendo poi lo stimolo passivo è necessario contrarre attivamente i muscoli in maniera isometrica per poter mantenere l’angolo ottenuto passivamente.
  • 3° esercizio= stimolo attivo dei muscoli flessori dell’anca attraverso una contrazione concentrica ed eccentrica. La flessione del busco sull’anca porta passivamente il segmento in una zona molto vicina all’end range of motion, la contrazione muscolare concentrica ed eccentrica da questa posizione permette di ottenere maggior controllo dell’anca in angoli estremi.
  • 4° esercizio= sovraccarico funzionale attraverso l’esercizio Single Leg Deadlift (SLD).

Per chiunque fosse interessato ad approfondire questi concetti consiglio vivamente di visitare il profilo instagram di Tommaso Monaci, esperto di ottimizzazione del movimento umano attraverso strategie di mobilità.

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